Andando al lavoro, Delmarcelle passava spesso davanti a un edificio che era esattamente dietro l’angolo del suo negozio. “Le persiane erano sempre chiuse”, dice. Proprio come nella soffitta della sua infanzia, si chiedeva sempre cosa ci fosse nascosto lì. “L’ho sognato ed ero sicuro che dovesse essere un posto meraviglioso.” La fortuna è stata dalla sua parte, l’appartamento è stato messo in affitto, ma l’antiquario scoprì che la realtà era molto diversa dal suo sogno.
“Era semplicemente orribile”, ammette. C’era un pavimento in parquet moderno, porte peggiori di quelle degli appartamenti popolari, un orribile aspiratore e un minuscolo lavandino in cucina, tutte pareti bianche e falegnameria verde. Tuttavia, Delmarcelle intuì subito il potenziale della proprietà. Il soffitto straordinariamente alto e il senso della prospettiva hanno fatto sembrare molto più grandi i 50 metri quadrati dell’appartamento, diviso in due stanze. Inoltre, aveva finestre affacciate sulla strada: uno dei requisiti di Delmarcelle per scegliere una casa a Parigi. “Non volevo vivere in un quartiere tranquillo”, ammette, “volevo che la città fosse ai miei piedi, con la gente che passa e tutto il rumore che ne consegue”.
Con pochi semplici dettagli lo spazio è cambiato radicalmente. Ha mantenuto le travi di legno del soffitto e lasciato sul pavimento larghe assi di pino. “Volevo che somigliasse alle case olandesi, che spesso hanno pavimenti neri”, spiega. Ha dipinto le pareti con eleganti colori neutri e ha sostituito tutte le porte con quelle d’epoca.
Nella camera da letto ha collocato rigorosamente quanto necessario: il letto, due comodini, una comoda poltrona ad angolo e una poltrona Luigi XVI per i suoi bagagli. “Ho sempre i miei bagagli a portata di mano, pronti per la partenza.” Per l’antiquario il suo appartamento parigino è un’estensione del negozio. Qui invita i clienti fidati e ricorda loro che tutto o quasi è in vendita.
“Quando ho sistemato la mia casa, quella era una delle idee che avevo in mente. In qualche modo, volevo che fosse una vetrina per quello che posso fare in termini di decorazione.” Ci sono però oggetti dai quali non si separerà mai, come una bergère rivestita in velluto o un ritratto di donna degli inizi del XVII secolo. “Avere un dipinto di una pallida dama di corte con una collana di perle era una delle mie ossessioni”, racconta.
Nel suo soggiorno ha creato una versione rinnovata di una vetrina francese del XVIII secolo. Sui suoi scaffali riposano lo scheletro di un piccione, il teschio di una scimmia, la punta di un bastone per tende impero, una collezione di farfalle, una palla da bowling in legno e un vecchio ‘tuffatore’ cartesiano. “Mi piace il concetto di accumulo”, dice il collezionista, che definisce il suo stile e quello di Et Caetera come ‘pauvre chic’: “Ci sono oggetti che non necessariamente hanno un valore intrinseco, ma hanno un’anima”. Gli piacciono le cose un po’ decadenti: le statue di gesso dimenticate sotto la pioggia; divani con rivestimenti originali usurati e quadri che hanno visto altre epoche di splendore… C’è un’eccezione: le due lampade Bourgies disegnate da Ferruccio Laviani per Kartell. Un tocco moderno che si integra nel peso storico del decoro.