In questo reportage di Cabana Magazine Sara Pierdonà incontra l’avventurosa famiglia italiana che ha trasformato un castello abbandonato in una zona dimenticata e un tempo inospitale della Toscana in una fiorente tenuta vinicola: il Castello di Vicarello in Maremma.
Quaranta anni fa, quando Carlo e Aurora Baccheschi Berti scoprirono per la prima volta il castello, Castello Di Vicarello, che ora gestiscono come guest house con viste mozzafiato, solo Villa Chiesina (una delle suite) era abitabile. Nel resto della proprietà, i tetti erano crollati, i muri erano crollati e mucche e maiali pascolavano liberamente tra le rovine. Il terreno circostante era rimasto incolto per anni.
Ma la coppia era pronta per l’avventura e, con un’orgogliosa tradizione imprenditoriale (la famiglia Baccheschi Berti aveva vissuto per anni a Bali, commerciando mobili, tessuti e antichità), non aveva paura di nuove sfide. Tuttavia, è stato, e continua a essere, un lavoro d’amore: il restauro iniziale ha richiesto 12 anni, mentre sono in corso i lavori di ristrutturazione delle proprietà di supporto (la torre di avvistamento, la cappella).
“Sono nato qui, dentro il castello, alle quattro del mattino… a lume di candela, perché era finita la benzina del generatore.” ricorda Neri, il secondo dei tre figli della coppia. Corso, il terzo figlio, aggiunge: “I nostri genitori hanno fatto una cosa rara: hanno avuto il coraggio di credere in un progetto grandioso, mentre ovviamente tutti li scoraggiavano e consigliavano di rinunciare. Con tenacia ed entusiasmo sono riusciti a creare un hotel a conduzione familiare in un posto assolutamente unico.
Sembrerebbe che Carlo e Aurora abbiano un’inalterabile inclinazione romantica per i luoghi difficili. Dopo aver lasciato il castello ai figli, la coppia si è trasferita a Sifnos, nelle Cicladi greche. “Ci piaceva per il rumore del mare, la luce del sole contro le facciate bianche delle case”, dice Aurora. “Ma sta diventando troppo banale e ci siamo messi in viaggio per trovare una nuova isola, più anonima e remota, dove poter stare in pace”.
L’accesso al Castello di Vicarello avviene tramite una strada sterrata, che prepara la scena al ritmo della vita che lo attende. “In questo modo i nuovi arrivati sono costretti ad abituarsi subito ai ritmi del luogo, alla lentezza che la natura ci impone”, racconta Corso, che accompagna gli ospiti a raccogliere asparagi, funghi ed erbe selvatiche e insegna ai bambini come piantare il prezzemolo o riconoscere gli alberi. “Sono sempre stato io quello più affascinato dalla natura”, racconta Corso.
Il castello non è lontano da Montalcino, che offre un microclima ideale per la coltivazione della vite e la produzione dei cinque vini della tenuta. Da un lato il Monte Amiata, la montagna più alta della provincia, protegge le viti dai venti più freddi; dall’altro, il paesaggio si apre verso il mare, che con le sue brezze gentili impedisce che i raccolti vengano danneggiati dai colpi di calore estivi.
Il figlio maggiore Brando, responsabile delle vigne della tenuta, aveva otto anni quando la famiglia si trasferì in Maremma. Di conseguenza, i suoi ricordi della fase iniziale, “quella veramente avventurosa”, e del coraggio e della visione audace dei suoi genitori, sono particolarmente vividi. “Ricordo che la cucina, ora il cuore del castello, non esisteva… era la stalla! Ricordo anche la diffidenza dei vicini… i maremmani sono noti per essere un po’ burberi e all’inizio ci chiamavano “i milanesi”, anche se papà è di Firenze.”
Testi di Sara Pierdonà
Foto di Guido Taroni e Sara Pierdonà
Scopri di più su Cabana Magazine